La retina artificiale nella letteratura narrativa

Non esistono ancora libri di letteratura che parlino della retina artificiale in modo specifico, ma ne esistono alcuni che trattano il tema delle operazioni per vedere di nuovo, della cecità e della sensazione di non poter vedere.


 
Copertina del libro "Un antropologo su Marte" di Oliver Sacks.

-Il volume "Un Antropologo su Marte"del medico Oliver Sacks riporta il racconto “Vedere e non vedere”.
Trama: Il racconto è una storia vera che parla di Shirl Jennings, un uomo di 45 anni divenuto cieco all'età di tre anni a seguito di una malattia.
In esso si spiega che i medici di Shirl fossero convinti che avesse la retinite pigmentosa e per questo lo indirizzarono a sottoporsi ad una operazione chirurgica. Shirl riprese a vedere, ma perse nuovamente la vista un anno dopo a causa di una malattia pneumologica.





Copertina originale del libro di J. Saramago.

 -Cecità è un romanzo dello scrittore e premio Nobel per la letteratura portoghese José Saramago, pubblicato nel 1995, che indaga a fondo la nostra società e le sue strutture di potere. Essendo ambientato in un tempo e un luogo indefiniti, la vicenda può riguardare chiunque..
Trama: 
In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione diventa cieca per un'inspiegabile epidemia. Chi è colpito da questo male si trova come avvolto in una nube lattiginosa e non ci vede più. Le reazioni psicologiche degli anonimi protagonisti sono devastanti, con un'esplosione di terrore e violenza, e gli effetti di questa misteriosa patologia sulla convivenza sociale risulteranno drammatici. I primi colpiti dal male vengono infatti rinchiusi in un ex manicomio per la paura del contagio e l'insensibilità altrui, e qui si manifesta tutto l'orrore di cui l'uomo sa essere capace. Nel suo racconto fantastico, Saramago disegna la grande metafora di un'umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose su una base di razionalità, artefice di abbrutimento, violenza, degradazione. Ne deriva un romanzo di valenza universale sull'indifferenza e l'egoismo, sul potere e la sopraffazione, sulla guerra di tutti contro tutti, una dura denuncia del buio della ragione, con un catartico spiraglio di luce e salvezza.




Copertina del trattato di psicologia sulla cecità discussa tra un non vedente e un vedente.


 -Sulla cecità è un trattato di psicologia di Bryan Magee, Martin Milligan del 1997 che parla del confronto del modo di vivere tra un vedente e un cieco.
Trama:
Il libro sconvolge le idee che si può fare un vedente della condizione di cecità congenita, e lo fa azzerando tutte le prevenzioni su cosa può significare l'assenza della vista. Esso sostanzialmente discute due tesi opposte: essere ciechi nati è una limitazione solo pratica, cioè consiste solo nel non poter fare certe cose (dipingere, guidare l'automobile, ecc.), o è anche una limitazione concettuale, conoscitiva, ossia comporta una menomazione nella conoscenza, nella comprensione dei concetti? 
La discussione si fa a tratti accesa, va a pescare nelle esperienze personali, mette a nudo pregiudizi e atteggiamenti emotivi, tocca temi cruciali per la filosofia, o per la psicologia, e nell'insieme fornisce del problema dell'assenza di un senso fisico un quadro rivelatore per chiunque lavori per l'uomo, in generale, con o senza vista, bianco o nero, stupido o intelligente, e così via.

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