Articolo tratto dal giornale "Repubblica" del 20/03/2017 sulla retina artificiale
"Dalla retina artificiale una speranza per i pazienti che hanno perso la vista"
Sono 39 i pazienti italiani
che grazie all’impianto di una protesi retinica hanno riacquistato una
nuova capacità visiva. Uno di loro racconta la sua esperienza mentre
l’esperto spiega come funziona l’intervento
di IRMA D'ARIAImprovvisamente il buio. Nicola scopre di avere la retinite pigmentosa a 26 anni. "Avevo 10/10 ed ero convinto che stavo cominciando a essere miope. Sono passato dal non vedere bene al buio ad avere problemi a infilare la chiave nella serratura. Pensai che fosse necessario andare dall’oculista. Ma rimandavo - racconta. Poi una volta tornando a casa, Nicola investe tre persone contemporaneamente sulle strisce pedonali. “Avevano anche i sacchetti della spesa, come era possibile che non li avessi visti? Erano sbalorditi anche i vigili urbani. Per fortuna non si sono fatti nulla di grave. Così ho preso appuntamento in ospedale e dopo vari accertamenti, arrivò la diagnosi". Nel giro di 10 anni ha perso la vista. Poi la decisione dell’intervento e l’impianto della protesi.
Ritorno alla luce. Cosa ha visto quando hanno acceso il dispositivo? “Ho visto la luce attraverso la telecamera. Ho pensato che fosse tutto lì e al momento sono rimasto deluso. Poi ho capito che il mio apporto e la mia motivazione sarebbero stati fondamentali per andare oltre. Ed oggi riesco a vedere i miei figli. Non sono più al buio, non ci sono solo le voci” racconta Nicola. "Utilizzare la parola vista non è corretto. Con l’impianto percepisci la luce con densità diverse e con la riabilitazione e il lavoro costante impari a percepire i contorni delle cose. Il buio e la luce prendono forma".
La retinite pigmentosa. La malattia di cui è affetto Nicola colpisce in Italia oltre 20.000 persone (167.000 in Europa). E’ una patologia rara, genetica e degenerativa che in molti casi porta il paziente alla cecità e non ci sono cure al momento disponibili. I sintomi possono manifestarsi durante l'adolescenza, ma gravi problemi alla vista non compaiono generalmente prima dell'età adulta. Nei primi stadi della patologia, si verifica una perdita della vista notturna e vista più difficoltosa in condizioni di scarsa luminosità. All'avanzare della patologia, si perde la vista periferica e si sviluppa una 'vista a tunnel'. Negli stadi più avanzati, una persona affetta da retinite pigmentosa può diventare completamente cieca. Altre patologie correlate comprendono, tra le altre, la sindrome di Usher, l'amaurosi congenita di Leber, la patologia che coinvolge coni e bastoncelli, la sindrome di Bardet-Biedl e la sindrome di Refsum. Con Argus II – questo il nome della protesi retinica sviluppata da Second Sight Medical Products - il paziente potrebbe riacquistare un buon grado di autonomia, visualizzando ostacoli e oggetti sia negli ambienti interni sia all’esterno.
Come funziona la retina artificiale. La protesi, impiantata con intervento chirurgico e ricovero di un giorno, è un dispositivo di neurostimolazione in grado di bypassare le cellule fotorecettrici danneggiate e stimolare le rimanenti cellule retiniche vitali. Grazie ad una piccola videocamera posta sugli occhiali in dotazione al paziente, Argus II cattura e converte le immagini in una serie di piccoli impulsi elettrici, che vengono trasmessi in modalità wireless ad una matrice di elettrodi impiantati sulla superficie della retina. Tali impulsi hanno lo scopo di stimolare le cellule rimanenti della retina, con conseguente creazione di motivi di luce che vengono trasmessi dal nervo ottico al cervello. “Abbiamo avuto risultati che in alcuni casi sono stati addirittura entusiasmanti” spiega Stanislao Rizzo, primario del Dipartimento di oculistica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, che per primo ha creduto in questo sistema e che ha eseguito 30 impianti retinici. “Ma non tutti i pazienti sono eligibili per l’intervento e coloro che vengono impiantati sono seguiti durante un percorso riabilitativo e personalizzato. In questi 5 anni ho potuto constatare quanto il sistema sia sicuro, ma soprattutto verificare di persona che la sua validità e i benefici che comporta si mantengono nel tempo, anche a distanza di diversi anni”.
La ricerca. Lo studio Flora, pubblicato sulla rivista "Clinical and Experimental Optometry" , ha effettuato una valutazione tre anni dopo l'impianto della protesi epiretinica. I risultati hanno mostrato un miglioramento sia delle prestazioni visive che dell’autonomia del paziente. In particolare, un miglioramento significativo della funzione visiva è stato evidenziato con il dispositivo acceso per 24 attività testate su 35 (69% delle attività). Per le nuove attività (26%), non sono state osservate variazioni significative. Un controllo con il dispositivo spento ha permesso di escludere un effetto placebo. In pratica, lo studio dimostra che compiti difficili o impossibili da eseguire per i non vedenti, come individuare e attraversare un passaggio pedonale in modo indipendente o individuare visivamente delle persone, diventano possibili con la retina artificiale.
Una vista a pixel. Ma cosa succede esattamente dopo l’impianto? La protesi retinica ripristina una “vista” diversa da quella naturale che aveva il paziente prima della cecità. Può essere descritta come una vista “in un certo senso pixelizzata”, composta da punti di luce che, nella situazione ottimale, coprono il campo visivo centrale di 20°. Può essere paragonato ad un righello da 30 cm tenuto a braccio teso. “L’impianto di una retina artificiale nei pazienti con retinite pigmentosa” spiega il professor Rizzo “è sicura e dà risultati incoraggianti soprattutto considerando l’impatto sulla qualità di vita del paziente. Tuttavia, è fondamentale fare un’accurata selezione del paziente che può essere sottoposto a questo tipo di intervento. Inoltre, bisogna considerare la necessità di una riabilitazione post-operatoria abbastanza intensa” conclude l’esperto. In genere, infatti, occorre del tempo per imparare a interpretare le immagini prodotte dal sistema e i risultati variano da paziente a paziente. Alcuni sono in grado di distinguere facilmente le forme, identificare caratteri di grandi dimensioni e individuare sorgenti luminose, mentre altri, con il loro sistema, non sono in grado di interpretare le informazioni spaziali sulla scena visiva.
Cosa succede dopo l'intervento. In seguito all'intervento chirurgico di impianto, il paziente torna in clinica diverse volte nei mesi successivi per il follow-up medico, per personalizzare il sistema e per ricevere formazione sul suo utilizzo. Una volta completate configurazione e formazione, i pazienti possono cominciare a usare il dispositivo a casa. A questo punto, i pazienti sono pronti per seguire sessioni di riabilitazione tenute da un terapista di ipovisione. Queste sessioni hanno lo scopo di insegnare ai pazienti come interpretare e usare le loro nuove abilità visive nella vita quotidiana.
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